La cucina piacentina è una cucina di terra, influenzata dalla vicina Liguria e dalla Val Padana. Gli allevamenti del territorio offrono carni e latte che i piacentini elaborano con sapiente originalità. Principi del distretto sono i salumi, fra i quali si contano ben tre DOP.

Piacenza, la terra del buon mangiare

La gastronomia è caratterizzata da piatti molto conosciuti, già in epoche passate.

Si utilizzava spesso in passato l’espressione roba de Piasensa con lo scopo di descrivere la bontà di certe pietanze, in particolar modo dei formaggi e dei salumi.

Una curiosità antica dice che nel XVIII° secolo il Cardinale piacentino Giulio Alberoni, primo ministro di Spagna al servizio di Filippo V, si riforniva di prodotti piacentini che sembravano essere di particolar gradimento alla moglie regina Elisabetta Farnese, duchessa di Parma e Piacenza.

È una cucina molto ricca, variegata, che mescola caratteristiche di campagna ad una gastronomia più nobiliare, giunta dalle antiche casate signorili della città. Essendo un incrocio di molte culture, la cucina del piacentino ha subito molte influenze dalle regioni limitrofe.

Piacenza oltre ad essere sempre stata terra del buon mangiare, è sempre stata anche la terra dei vini: questo è dimostrato dai numerosi reperti rinvenuti in più occasioni nel territorio, come le viti fossili di età pre-romana, o il boccale romano Gutturnium (che venne casualmente pescato nelle acque del Po nel 1878). La maggiore influenza esercitata sull’allevamento della vite piacentina è quella greca: Piacenza rappresenta ancora oggi, infatti, l’ultima propaggine di un modo di coltivare la vite basso con le “carasse” (pali in legno di sostegno), con ceppi ravvicinati e forti potature, come si riscontra a ritroso in Piemonte, in Liguria, nel sud della Francia e nella penisola iberica.

Prodotti Piacentini

Salumi Dop

Piacenza è l’unica provincia in Italia che può vantarsi di produrre ben tre salumi DOP: la Coppa, la Pancetta e il Salame.

  1. Coppa Piacentina DOP: si produce utilizzando i muscoli del collo del suino. Da ogni suino si possono ottenere due coppe. I suini allevati per la Coppa Piacentina provengono dall’Emilia Romagna e dalla Lombardia, mentre la lavorazione si effettua solo in provincia di Piacenza, le cui caratteristiche climatiche e territoriali sono considerate di importanza fondamentale per ottenere il gusto speciale di questo salume.
    La lavorazione della Coppa termina con una stagionatura di almeno sei mesi. Il sapore è caratterizzato da una spiccata dolcezza, che contrasta con una delicata sapidità. Il tipico aroma è quello che contraddistingue i prodotti stagionati;
  2. Salame Piacentino: prodotto utilizzando solo tagli di carne e grasso di suino. Salame dalla grana grossa, presenta, nella parte magra di colore rosso brillante, i lardelli di grasso, colorati di bianco rosato.
    Il profumo è delicato e lascia intuire la stagionatura, e si arricchisce da un leggero sentore di spezie.
    Il sapore rispecchia in pieno le caratteristiche olfattive;
  3. Pancetta Piacentina DOP: deriva dal taglio grasso del suino, chiamato pancettone.
    La lavorazione viene effettuata nella provincia di Piacenza per le caratteristiche climatiche che conferiscono ai prodotti sapori unici. La stagionatura dura tre mesi;
    Al taglio la fetta è caratterizzata dal tipico alternarsi di strati circolari che alternano il rosso vivo al bianco rosato.
    Il profumo è delicato, arricchito da gradevoli note speziate. In bocca la fetta è morbida con tendenza a sciogliersi per la presenza delle parti grasse, che influenzano anche il sapore delicato e molto dolce, pur non essendo privo di quella sapidità che rende il prodotto più appetitoso;
  4. La Mariola: un insaccato di carne suina da gustare crudo o cotto e oggi presidio Slow Food;
  5. Il Salame Cotto;
  6. Il Lardo;
  7. Il Salame Gentile: insaccato in un budello spesso e stagionato a lungo. Tipico nella zona orientale del territorio piacentino, è tra i primi insaccati ad essere preparati dopo l’uccisione del maiale e la sezionatura delle carni, richiede un’operazione di insaccatura piuttosto complicata, a causa di possibili sacche d’aria residue che potrebbero formarsi all’interno e causarne il deterioramento. L’impasto è lo stesso del salame Dop, ma nel Gentile cambia il budello esterno, più lungo e spesso. E’ un tubo a due strati con interposto un leggero velo di grasso che ha la funzione di mantenere morbido il suo contenuto anche fino a cinque o sei mesi dopo la sua preparazione. La lunga stagionatura fa sì che il grasso compenetri nel magro, col risultato che la sua carne profumata giunga quasi a sciogliersi in bocca. Per gustarlo in modo ottimale va affettato, abbastanza sottile, solo pochi istanti prima del consumo;
  8. Il Fiocchetto: la coscia del maiale, quando non è utilizzata per confezionare il prosciutto, è la base di due nobili prodotti di salumeria: il culatello e il fiocchetto. Il fiucöt piacentino segue una lavorazione che ricalca a grandi linee quella del culatello: essendo però la carne più magra e il pezzo ricavato più piccolo del culatello, al fiocchetto occorre una stagionatura più breve e dopo sei-sette mesi è già pronto per il consumo. La dimensione ridotta ed il taglio molto più magro, non lo privano però del profumo e della delicatezza che lo contraddistinguono; anche il sapore non ha nulla da invidiare a quello del culatello. La pratica comune lo vuole infine avvolto in un panno imbevuto di vino affinchè mantenga intatta la sua originale morbidezza.;
  9. Il Culatello Piacentino: benché la Dop del Culatello di Zibello sia ad appannaggio di otto comuni in provincia di Parma, nel Piacentino sono presenti aree altrettanto qualificate per la produzione di questo prezioso insaccato, noto anche come “Culatello delle nebbie”. Molti sostengono che neppure il più esperto dei gourmet saprebbe riconoscere, ad occhi chiusi, la differenza tra un ottimo culatello Dop della Bassa parmense e il suo omologo prodotto in quella piacentina. Entrambe le zone sono infatti caratterizzate da un clima umido: questo è fondamentale, perchè il culatello, per essere di qualità, necessita proprio di quella nebbia che le zone rivierasche del Po sanno regalare così abbondantemente.
Piacenza: la sola provincia in Italia a tre DOP. Segnaletica stradale con QR Code per le informazioni turistiche direttamente sul cellulare

Formaggi

  1. Grana Padano DOP: Piacenza è l’unica provincia in Emilia Romagna a produrlo. Come quantitativi di produzione si trova al quarto posto, dopo Mantova, Brescia e Cremona.
    La sua produzione arriva a coprire infatti almeno il 12% di quella totale di Grana Padano;
  2. Provolone Val Padana: formaggio DOP, in montagna vengono prodotti formaggi di antica tradizione, da latte caprino, vaccino e ovino come ad esempio quello da cui escono i vermi saltaréi (salterelli).

Liquori

  1. Bargnolino: viene prodotto dai frutti del prugnolo (o prunospino), una pianta selvativa che cresce specialmente nelle vallate. Questo digestivo dall’ottimo sapore dolciastro, deve riposare almeno tre anni prima di essere assaporato e può arrivare addirittura ai trenta gradi alcolici. Con i frutti che maturano al termine dell’estate o al principio dell’autunno, si produce questo liquore, uno dei più tipici del Piacentino; da sorseggiare a fine pasto è più o meno dolce a seconda delle ricette di famiglia. Un chilo di bacche, mezzo chilo di zucchero e alcool da liquore a ricoprire il tutto. Quaranta giorni di infusione in un recipiente di vetro. Ogni tre giorni si agita il vaso. Infine si filtra e si imbottiglia. Ottimo digestivo.
  2. Nocino: liquore diffuso in tutta l’Emilia, si consiglia un lungo periodo di riposo prima del consumo. Viene preparato con le noci verdi raccolte il giorno di San Giovanni e in alcune zone è tradizione conservarne alcune bottiglie, che siano state prodotte nell’anno di nascita dei figli, per poi aprirle nelle occasioni di festa come comunione, cresima e matrimonio. Secondo la tradizione, nella notte di San Giovanni, il 24 giugno, solo le mani di una donna, che sia a piedi nudi, possono raccogliere le noci destinate al liquore, senza utilizzare attrezzi di ferro. Ogni famiglia ha la sua ricetta, ma alla base c’è sempre l’infusione dei malli in alcool, con l’aggiunta di scorza di limone, chiodi di garofano e cannella. Il tutto va chiuso in un vaso ermetico per quaranta giorni. Al termine si passa al colino il nocino e vi si aggiunge uno sciroppo di zucchero, che andrà filtrato dopo quattro giorni. Una volta imbottigliato si lascia ad invecchiare per almeno un anno.
  3. Vov: l’eccesso di tuorli d’uovo e la corretta concezione di “economia domestica” ha fatto sì che, in tutto il centro-nord d’Italia, venisse prodotto un liquore corroborante e decisamente vigoroso. Questo liquore (“marsala all’uovo”) si fa con vino, marsala, zucchero, uova e spezie. E’ un vino da dessert, ma ancora più spesso viene utilizzato come ricostituente.

Vini dei “Colli Piacentini DOC”

Diversi sono i vini prodotti sui colli piacentini: sotto ad un’unica DOC territoriale, definita Colli Piacentini DOC, esistono infatti ben 42 Tipologie di Vini.

Vini Bianchi

  1. Ortrugo: Il vitigno Ortrugo è sempre stato presente nel territorio piacentino, utilizzato però come uva da taglio. Con l’affermarsi della Malvasia i vigneti di Ortrugo sono stati in larga parte estirpati, ed è solo all’inizio degli anni Settanta, grazie all’interessamento di alcuni viticoltori piacentini, che esso viene riscoperto degno di dare vita ad un vino tutto suo.
    Questo vino bianco si presenta giallo paglierino chiaro, tendente al verdognolo. Ha un profumo delicato ma caratteristico e in bocca risulta vivace, secco ed abboccato, con un retrogusto amarognolo.
    Sono previste le tipologie Frizzante e Spumante, ed è perfetto per accompagnare piatti di pesce, formaggi molli oppure frittate di verdura;
  2. Trebbianino Val Trebbia: Le uve principali per la produzione di questo vino sono Ortrugo, Malvasia di Candia aromatica, Moscato bianco, Trebbiano romagnolo e Sauvignon, più un 15% di uve a bacca bianca autorizzate dalla provincia.
    Il Trebbianino Val Trebbia ha un profumo vinoso e gradevole, un colore giallo paglierino o giallo dorato chiaro e viene proposto sia Frizzante che Spumante. Il sapore è delicato, abboccato o secco, tranquillo o vivace.
    Trova il suo migliore abbinamento con gli antipasti leggeri, minestre asciutte, pesci d’acqua dolce, frittate;
  3. Malvasia:Il vino Malvasia è ottenuto da uve della varietà Malvasia di Candia aromatica per almeno l’85% e da altre uve a bacca bianca autorizzate nella provincia di Piacenza.
    I Colli Piacentini hanno ricevuto in dono dalla natura la più ricca e personale tra le diciassette varietà di Malvasia esistenti, per giunta incredibilmente versatile, tale da dare buoni vini sia Frizzanti, sia Fermi Secchi (o quasi), sia Dolci Passiti.
    L’uva Malvasia è dotata di un corredo aromatico particolarmente ricco e complesso, tutto da annusare nel vino: frutta a profusione, fiori, note erbacee, salvia, note mielate e speziate.
    Di colore paglierino, a volte scarico, possiede un aroma caratteristico, anche intenso, mentre in bocca può essere secco, abboccato, amabile o dolce; sempre aromatico.
    Da bersi in giovinezza, il tipo secco può abbinarsi agli antipasti, alle minestre, alle carni bianche delicate ed al pesce.
    La versione amabile è consigliata specialmente con formaggi dolci, mentre il tipo dolce si abbina ai dessert.
    La tipologia passito presenta un colore giallo paglierino dorato, ha profumo intenso, aromatico e caratteristico. Il gusto è ugualmente aromatico ed intenso, dolce e armonico. Si abbina a pasticceria secca.

Vini Rossi

  1. Gutturnio: La storia di questo vino è antichissima: si trovano cenni ad un vino rosso piacentino di pregio in molti documenti risalenti addirittura all’epoca romana.Si ha la prima traccia del nome nel 1941, quando il Ministero dell’Agricoltura ha steso il primo elenco dei “vini tipici e di pregio” includendo un vino rosso profumato e fruttato, nobile e di corpo pieno: il Gutturnio, capostipite dei vini rossi piacentini.
    Il vino Gutturnio viene prodotto in varie tipologie in tutta la provincia di Piacenza da uve Barbera e Croatina, ed è disponibile anche frizzante.
    A seconda della tipologia e dell’invecchiamento il gusto può ovviamente variare. In generale, il Gutturnio giovane o Classico si serve con carni bianche o minestre, mentre il Superiore ben si sposa con le carni rosse e i salumi.
    Il Gutturnio Riserva si presta all’invecchiamento in bottiglia o in barrique; in questi casi si ottengono vini di gran pregio adatti a piatti importanti come cacciagione di pelo oppure formaggi molto stagionati;
  2. Bonarda: Pare che il luogo di origine del vitigno Croatina (o Bonarda) sia la zona di Roverscala in Oltrepo Pavese. Con il tempo questo vitigno si è però diffuso moltissimo nel piacentino fino a diventare uno dei più importanti del distretto.
    Il vino è ottenuto da uve della varietà Bonarda piemontese o Croatina per almeno l’85% e da altre uve di analogo colore di varietà autorizzate nella provincia di Piacenza.
    In bocca può essere Secco, Abboccato, Dolce o Amabile, Leggermente Tannico, Fresco, Fermo oppure Vivace.
    La Bonarda è il vino ideale per chi vuole bere un bicchiere ad ogni pasto; si adatta infatti a molti piatti differenti ma si accompagna particolarmente bene ai salumi e alle minestre. La varietà dolce invece è perfetta con fragole e pasticceria in generale.
    La versione Spumante presenta una spuma fine e persistente; il sapore è dolce, armonico e vellutato. Si sposa bene con la pasticceria friabile e con la frutta primaverile;
  3. Barbera: Le origini del vitigno Barbera sono molto antiche e legate al Monferrato, in Piemonte.
    Nel piacentino, il vino è ottenuto da uve dell’omonimo vitigno presenti per almeno l’85% e da altre uve di analogo colore e varietà raccomandate o autorizzate nella provincia di Piacenza.
    La zona di produzione delle uve Barbera doc comprende le vallate della Val Tidone, Val Trebbia, Val Nure e Val d’Arda. Di colore rosso rubino, al naso è vinoso e caratteristico mentre in bocca risulta Secco o Abboccato, Sapido, Leggermente Tannico, Fermo oppure Vivace.
    È prevista anche la tipologia frizzante. Si accompagna bene a paste asciutte, primi e sughi, bolliti e carni bianche.

A Tavola

Gli Antipasti

Nelle valli Nure, Trebbia e Tidone sono molto diffusi i seguenti antipasti:

  1. Burtlëina: una sorta di frittella di farina che ben si sposa con formaggi e salumi;
  2. Torta Fritta: nota in Emilia Romagna anche con il nome di gnocco fritto che ben si sposa con formaggi e salumi;
  3. Batarö: una focaccina consumata prevalentemente nella val Tidone;
    Batarò
  4. Ciccioli: freschi e secchi, sono ottenuti dal grasso di maiale durante la preparazione dello struzzo accompagnano benissimo la Polenta Fritta.
  5. La Pistà ad Gràss: nel piacentino e nella Bassa era usanza insaporire i piatti con un trito a base di aglio bianco, lardo e prezzemolo. Nelle cucine di molti chef si è riscoperta questa tradizione, e la pistà ad gràss si serve oggi anche come antipasto su crostini di pane. Per la preparazione bisogna innanzitutto togliere la cotenna al lardo, tagliarlo quindi a piccoli pezzi e disporlo su un tagliere di legno, insieme al prezzemolo. Va poi aggiunto l’aglio grossolanamente schiacciato e tritato il tutto finemente con una mezzaluna o un coltellaccio da cucina, la cui lama andrebbe di continuo scaldata per evitare che il grasso si attacchi, fino ad ottenere un composto omogeneo.

Primi Piatti

  1. Pisarei e Fasö: tradizionali e piccoli gnocchetti, simili per forma a quelli sardi, preparati scottando con brodo di carne bollente del pane raffermo grattugiato e farina. Sono serviti con un sugo di pomodoro e fagioli.
    Pisarei & Fasò
    Una leggenda della piccola val Riglio narra che la capacità di preparare i pisarei fosse la condizione necessaria a convincere le future suocere ad accettare le fidanzate dei figli.
  2. Tortelli alla Piacentina: ripieni di ricotta, spinaci, erbette oppure ortiche, dalla classica forma intrecciata a coda, molto complessa da preparare se non si è più che esperti.
    Tortelli
  3. Esiste anche una particolare variante dei Tortelli alla Zucca romagnoli: qui, infatti, si preparano senza amaretti;
  4. Anolini (o Anvëin) si gustano in brodo di cappone, carne e verdura e possono avere ripieni differenti: i più ricchi sono farciti con lo stracotto di manzo; oppure vengono anche fatti in maniera più semplice con ripieno di Grana piacentino e noce moscata. Indiscusso piatto dei giorni di festa, numerose le varianti locali. Ha subito le influenze del calendario liturgico in voga per secoli attraverso la contrapposizione dei giorni “di magro” e “di grasso”: per i primi il ripieno è fatto a base di formaggio, mentre nelle giornate “di grasso” si utilizza il ripieno a base di carne. Con il passare dei secoli la tradizione da liturgica ha subito una serie di variazioni e oggi a precise aree geografiche corrisponde un determinato ripieno. Le massaie dell’area orientale della provincia, tendono a riempire gli anolini con l’impasto a base di formaggi; mentre in quella occidentale, oltre ad avere un ripieno di salsiccia e formaggio, incominciano a chiamarsi “marubini”. Per riconoscere gli anolini tradizionali “di magro” è bene ricordarsi che la forma più diffusa è a cappelletto, ma possono anche essere rotondi e a mezzaluna; si fanno cuocere in un brodo “in terza” (con manzo, cappone o gallina grassa e carne magra di maiale) e si servono cosparsi di grana grattugiato;
  5. Risotto alla Primogenita: con un ragù di pomodoro, carne, funghi, zafferano e abbondante formaggio Grana (la città è soprannominata primogenita d’Italia perché fu la prima a votare l’annessione al Regno d’Italia nel 1848).

Secondi Piatti

  1. Anatra e la Faraona Arrosto sono tra i più comuni tra i secondi;
  2. Picula ‘d Caval: un ragù di cavallo molto tradizionale con peperoni, accompagnato da polenta o fette di pane;
  3. Bomba di Riso di Bobbio: un piatto tipico del paese di Bobbio che può essere servito anche come primo o come piatto unico, si tratta infatti, di una cupola di riso ripiena di ragù di piccione;
  4. Lumache: (usanza tipica del paese di Bobbio) secondo la tradizione le lumache debbano essere mangiate la vigilia di Natale. Vengono preparate in umido, con vino bianco, porri, altre verdurine e salsa di pomodoro;
  5. Tasto o Tasca: (la punta di vitello ripiena) è una rivisitazione della cima alla genovese, molto cucinata nelle case sull’Appennino, specialmente in val Trebbia; si differenzia dalla versione ligure per il ripieno: qui, infatti, si prepara con le bietole e il Grana.
  6. Zucchini Ripieni: piatto dove avviene maggiormente l’influenza ligure nella sua preparazione;
  7. Trippa (büséca): (influenza dalla tradizione della vicina Lombardia) interiora di manzo tagliate a listarelle e cotte per ore insieme a sedano, carota, cipolla, aglio, aromi, sale, pepe, salsa di pomodoro, brodo e fagioli bianchi di Spagna.
  8. Stracotto d’Asina: cotto per parecchie ore nel vino rosso (Barbera o Gutturnio), passata di pomodoro, lardo, burro, carote, sedano, alloro, aglio e cipolla.

Dessert

La tradizione dolciaria piacentina non è altrettanto ricca come quella dei primi e dei secondi piatti. Si tratta di preparazioni semplici, realizzate con prodotti genuini.

  1. Sbrisulona: (o Torta Sbrisolona) di origine mantovana estremamente friabile a base di mandorle che si usa inzuppare nel vino bianco dolce. Comunissima sulle tavole del piacentino, si tratta della revisione di un antico dolce dalle lontane origini ebraiche, la sbrisolina. Si prepara con farina bianca, farina gialla, zucchero, burro, strutto, uova, scorza di limone; un pizzico di sale e vino bianco secco. Molto diffusa nella Bassa Piacentina perché in questo territorio si insediarono gli ebrei fuoriusciti da Piacenza. Classico dolce da credenza ha il pregio di poter essere conservato a lungo;
  2. Turtlìt: dolcetti simili per forma ai tortelli salati, preparati a Carnevale e per la festa di San Giuseppe, ripieni da purea di castagne e mostarda, cotti al forno oppure fritti;
  3. Latte in Piedi: rivisitazione del crème caramel, preparato con ingredienti semplici delle campagne: latte, burro e uova.
  4. Spongata: torta nota nella Bassa Val d’Arda. Si dice che la Spongata sia il dolce italiano dalla storia più antica. Probabilmente di origini ebraiche, ma anche i Romani conoscevano un dolce che conteneva gli stessi ingredienti. Nel Quattrocento e nel Cinquecento la Spongata è un dolce, sicuramente adatto alle corti più ricche e lussuose, che si confeziona in buona parte delle città emiliane. Nel Piacentino la ricetta della Spongata è limitata quasi esclusivamente al territorio della Bassa, tra Monticelli e Cortemaggiore, territorio storicamente ricco di insediamenti ebraici. In queste zone è un dolce tipicamente pasquale ma non è raro trovarlo, nelle panetterie e pasticcerie, durante tutto l’anno;
  5. Torta di Fichi: tipica nella zona di Vigolzone;
  6. Buslàn: ciambella tradizionale tra il più classico dei dolci piacentini. Si consumava dopo il pasto ma anche a colazione o, se c’era il tempo, a merenda e in questo caso la si accompagnava con un bicchiere di vino bianco, preferibilmente una malvasia. Il büslan è una ciambella casalinga facile da reperire nei mercati o nelle panetterie e pasticcerie e tipiche della zona. Gli ingredienti sono farina, fecola di patate, uova, un pizzico di sale; la buccia grattugiata di limone, burro, latte caldo, zucchero e vanillina;
  7. Buslanëin: ciambelline che spesso si preparano per le festività religiose.

Mele e Pere di antiche varietà

Delizie e i sapori di antiche varietà di frutta, coltivate per secoli sulle rive del Grande Fiume e pian piano dimenticate. Verdone, Calera, Fior d’acacia, Pum salam, Rugginosa, Pum Brusc, Pum Chela, Pum Rosa, si segnalano tra le antiche varietà di mele. Altrettanto gustose le varietà di pere: Della coda torta, Lauro, Limone, Ammazzacavallo, Bianchetta, Butirro, San Giovanni, Gnocco autunnale, Per sburdacion, Senza grana, Per sciur, Turco, Spadone.